È una priorità agire per mitigare il contributo dell'agricoltura all'effetto serra e ai cambiamenti climatici, dalla produzione all'uso del suolo al cambiamento di destinazione d'uso.

 

Questo il cuore intorno a cui si è sviluppato il convegno su "Mitigazione del cambiamento climatico: il contributo di agricoltura e foreste", organizzato dalla Federazione Italiana Dottori in Agraria e Forestali (Fidaf) a Roma, in collaborazione con l'Associazione Italiana Società Scientifiche Agrarie (Aissa), il Consiglio dell'Ordine Nazionale dei Dottori Agronomi e dei Dottori Forestali (Conaf), il Consiglio per la Ricerca in Agricoltura e l'Analisi dell'Economia Agraria (Crea), l'Agenzia Nazionale per le Nuove Tecnologie, l'Energia e lo Sviluppo Economico Sostenibile (Enea) e l'Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (Ispra).

 

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Tra i temi al centro dell'analisi il fatto che l'agricoltura e le foreste - a differenza degli altri settori coinvolti nella riduzione delle emissioni di CO2 - possono promuovere sia un aumento della rimozione di CO2 dall'atmosfera grazie alla fotosintesi clorofilliana e l'azione di sequestro operata dai suoli agricoli e forestali, sia agire in modo diretto tagliando le emissioni.

 

Secondo Eleonora Di Cristofaro e Marina Vitullo dell'Ispra il settore agricoltura rappresenta "il 9% circa delle emissioni nazionali di gas serra". Il settore Lulucf (uso del suolo, cambiamento di uso del suolo e silvicoltura) - viene spiegato - ha "la capacità di generare degli assorbimenti di carbonio, contribuendo alla mitigazione dei cambiamenti climatici. Si stima che nel 2020 il settore abbia assorbito oltre 32 milioni di tonnellate di CO2 equivalente, principalmente grazie alle foreste e ai prati, pascoli e altre terre boscate". Gli assorbimenti totali mostrano anche "un'elevata variabilità influenzata soprattutto dalle superfici percorse annualmente da incendi e dalle relative emissioni di gas serra".